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Ciclismo e doping: la resa di Froome, pronto a patteggiare per salvare la stagione MA FROOME REPLICA

E’ uscito  sul giornale Repubblica questo articolo relativo a Froome che si allega. Nella Mattinata la replica di Froome dove lo stesso dice che tutto questo e’ falso che per correttezza vengono entrambi pubblicati

Ha capito di aver perso la guerra e vorrebbe firmare un onorevole armistizio. Ma invece essere costretto a una resa incondizionata. Dopo un mese di allenamenti massacranti e solitari in Sudafrica, isolato dai compagni in ritiro a Maiorca, Chris Froome è a un bivio. La speranza che gli avvocati del «Lads» (il servizio legale antidoping della federazione ciclistica mondiale) accettino senza obiezioni le sue spiegazioni sull’abnorme quantità di salbutamolo trovato nelle urine dopo la diciottesima tappa della Vuelta sono quasi nulle. Raggiungere 2.000 ng/ml rilevati quel giorno con gli otto «puff» leciti di Ventolin previsti dal Codice  , anche se concentrati nel breve tempo di una salita, è difficilissimo. E le «disfunzioni renali» di cui ha parlato come causa della positività il boss di Sky, Dave Brailsford, hanno irritato i vertici politici e medici del ciclismo: già afflitto dall’asma, il quattro volte vincitore del Tour non può passare per un malato cronico.

Ecco perché l’idea di sottoporsi a un test in laboratorio per verificare il rapporto tra salbutamolo assunto e quello secreto nelle urine — previsto dalla procedura per questo anti asmatico — sta tramontando: fallire il test significherebbe incassare l’accusa di doping doloso e tra i 12 e i 24 mesi di squalifica, oltre a perdere la Vuelta 2017 e il bronzo nella crono mondiale di Bergen. Ecco perché, su consiglio della moglie-manager Michelle Cound, Froome avrebbe imboccato la via dell’«Acceptance of Consequences», il patteggiamento con ammissione di negligenza previsto dai servizi legali federali per evitare il lungo e rischiosissimo processo davanti al Tribunale Indipendente Antidoping. Sarebbe stata la stessa Michelle, la settimana scorsa, a ingaggiare un mediatore di altissimo livello tra atleta e federazione, bypassando la squadra e, forse, anche l’avvocato del marito, l’americano Mike Morgan, pronto all’ennesima difesa di una star dello sport.

Froome ha messo sul piatto l’accettazione di una squalifica di cinque o sei mesi — praticamente assorbita senza danni nei mesi invernali — cedendo Vuelta (a Nibali) e medaglia mondiale (al portoghese Oliveira) e auto sospendendosi dalle gare fino al patteggiamento, quando invece il regolamento gli consentirebbe di correre. Per la moglie la sospensione (rifiutata da Sky) sarebbe anche un modo per mettere al riparo il marito dall’imbarazzo e dall’enorme pressione mediatica di un eventuale debutto stagionale sub judice, ritenuto «nocivo per tutto il ciclismo» dal presidente federale David Lappartient. Ma, anche al mediatore, una pena così mite è sembrata improponibile: per un valore di positività inferiore a quello di Froome — e pur ammettendo subito la negligenza nel dosaggio del salbutamolo — l’italiano Diego Ulissi scontò nove mesi. Mesi e giorni sono importanti. La notifica della positività a Froome è del 7 settembre, la sua ultima gara ufficiale, il mondiale norvegese in linea, è del 20 settembre, giorno da cui dovrebbe decorrere la squalifica. Con una sanzione di sei mesi l’inglese potrebbe correre Giro d’Italia e Tour de France, come nei programmi originari. Con nove mesi potrebbe fare solo il Tour, pur arrivandoci senza un solo giorno di corsa nelle gambe. Un anno di stop significherebbe addio sogni di gloria e arrivederci al 2019.

Dopo l’uscita dell’articolo immediata la risposta di Fromme con un tweet di risposta che si allega

 

FONTE REPUBBLICA.IT

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