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Il ds Malatesta: «Racconto il ciclismo che è come la vita»

Genova – «Vai in testa e mettiti a menare… lo so che c’è freddo… grinta, grinta… è uno sport di m…». Un video e ti cambia la vita. L’ultimo weekend del ciclismo italiano non passerà alla storia solo per l’impresa di Vincenzo Nibali alla Milano-Sanremo. Ma anche per l’exploit dello spezzino Imere Malatesta, 54 anni, direttore sportivo del Team Unicash Sportivo Due C. Il filmato del ds che sprona i suoi ragazzi sotto la pioggia, durante la Coppa Bettini (categoria Juniores) di domenica scorsa, è diventato subito virale, anche all’estero. Il baby Tommaso che gli chiede i boccettini, il compagno di squadra Matteo che vorrebbe una bibita calda. E Malatesta che li sprona con vigore, alla Carletto Mazzone: «Vuoi fermarti al bar Celli? Dai, che questo è uno sport di m…».

Malatesta, lei lo definisce così, ma l’immagine che emerge è quella di un uomo innamorato del suo sport.

«Ed è proprio così. Il ciclismo è bellissimo ma proprio perché c’è tutto: gioia e sofferenza, odio e amore. Vince solo chi sa soffrire, chi ci crede fino in fondo. Il ciclismo è la mia vita. Ed è come la vita, ma nella realtà piove, fa freddo, ci sono le difficoltà, però se non molli puoi provare emozioni infinite».

E voi domenica avete vinto.

«Sì, due ciclisti nelle prime due posizioni: Lorenzo Zega e Andrea Biancalani. E i due che vedete nel video sono arrivati uno 8° e l’altro 12°».

A proposito del video: ma cosa sono i famosi boccettini?

«Dei sacchetti con zuccheri, magnesio, alimenti di rapida assimilazione da prendere durante la gara».

E il bar Celli?

«Esiste davvero, a La California, è del mio amico Matteo che era in auto al mio fianco e ha fatto il video a mia insaputa».

Anche lei ha un bar…

«Sì, una rosticceria, a Bibbona, dove vivo ora, in provincia di Livorno, però è stagionale, si apre tra pochi giorni. Specialità della casa: frittura di calamari e penne alla Gina, con verdure e molluschi».

Vive in Toscana ma è spezzino.

«Assolutamente sì, tifoso dello Spezia, però il calcio è diverso: lì se hai freddo il thermos di tè lo hai sempre a disposizione. Anche io ho corso da ragazzo, nella Gs Termo, mi allenavo con Podenzana e tanti altri».

Che ciclista era?

«Da bar Celli… (ride)… andavo piano dappertutto, mi sono fermato dopo un anno tra i Dilettanti. E mi piacevano un po’ troppo le donne… Mi sono riavvicinato alla bici grazie a mio figlio Jacopo: è stato campione italiano Juniores su pista ma poi ha smesso anche lui. Mentre io sono diventato ds, mi piace allenare i giovani».

Chi era il suo idolo?

«Merckx, lui vinceva in qualsiasi condizione, era il Cannibale, no?».

Si aspettava di diventare famoso?

«Macché, sono frasi spontanee, in corsa capita spesso. Il ciclismo è così, se fa freddo fa freddo, se fa caldo fa caldo, bisogna accettarlo. Io ai miei ragazzi non impongo nulla, però se vuoi fare questo sport devi sacrificarti, non si scappa».

Un po’ come Pantani che diceva: “Vado forte in salita per abbreviare la mia agonia”.

«Esatto, il senso è proprio questo. Non vince sempre chi è più forte ma chi sa soffrire di più. Vedi Nibali a Sanremo: non era la sua corsa ma ci ha creduto più di tutti e ce l’ha fatta».

 

fonte il secolo XXIX a firma Valerio Arrichiello

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